Le Assurdità di Essere - Il Testimone
Il Testimone
Camminava lungo la strada come un uomo
qualunque. Sul marciapiede ondate di passanti gli si paravano innanzi come
fiocchi di neve ghermiti dal vento di bufera. Corpi sconosciuti sembravano
volerlo travolgere, salvo poi schivarsi all’ultimo istante. Con gli occhi fissi
sullo schermo del telefonino, qualcuno giungeva persino a urtarlo, pronunciando
un sommesso «Mi scusi…», senza neppure alzare lo sguardo.
Lui invece camminava a testa alta. Scrutava
attentamente i volti di chi gli sopraggiungeva incontro o il profilo di chi lo
superava, andando di un passo ben più svelto del suo. Anche la scala mobile
della Metro era affollata di gente che andava e veniva. Un caos ordinato dove
ognuno pareva sapere esattamente quale fosse la propria méta da raggiungere.
Seguì le indicazioni per la linea A,
direzione Anagnina. Nonostante la calca, riuscì a salire sul primo convoglio in
arrivo. La sua fermata era Cinecittà: l’ultima prima del capolinea. Con la mano
sinistra si teneva saldamente al palo di sostegno mentre il braccio destro
appariva rigido, immobile, steso dritto lungo il corpo, come affetto da
monoparesi.
Una volta, in treno le persone parlavano
tra di loro o leggevano i quotidiani di carta stampata, constatò amaramente, oggigiorno
tutti stanno con il viso incollato al loro telefonino, senza neppure degnare di
uno sguardo i compagni di viaggio. È una solitudine diversa questa vissuta
oggi, non più dettata dalla necessità di ricavarsi attorno un proprio spazio di
riflessione interiore bensì costruita sulla paura del contatto umano che sfocia
nell’autoisolamento inconscio.
Con uno stridio di freni la metropolitana
si fermò alla stazione di Cinecittà. Gli Studios distavano poche centinaia di
metri. Percorse a piedi la Tuscolana fino a fermarsi sulla soglia del cancello.
Controllò l’email ricevuta a conferma dell’appuntamento e si diresse verso la
Palazzina Servizi dove si tenevano le audizioni. ...